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Progetto
Ovidio - database
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autore
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brano
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Cicerone
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Della divinazione, II, 139
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originale
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139 Num igitur, cum aut muros Babylonis aut Homeri faciem cogito, imago illorum me aliqua pellit? Omnia igitur quae volumus nota nobis esse possunt: nihil est enim de quo cogitare nequeamus; nullae ergo imagines obrepunt in animos dormientium extrinsecus, nec omnino fluunt ullae; nec cognovi quemquam qui maiore auctoritate nihil diceret. Animorum est ea vis eaque natura, ut vigeant vigilantes nullo adventicio pulsu, sed suo motu incredibili quadam celeritate. Hi cum sustinentur membris et corpore et sensibus, omnia certiora cernunt, cogitant, sentiunt. Cum autem haec subtracta sunt desertusque animus languore corporis, tum agitatur ipse per sese. Itaque in eo et formae versantur et actiones, et multa audiri, multa dici videntur.
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traduzione
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139 Quando, dunque, penso alle mura di Babilonia o al volto di Omero, ? forse una loro immagine che viene a colpirmi? In tal caso, tutto ci? che vogliamo pu? esserci noto, poich? non c'? niente a cui non possiamo pensare; nessuna immagine, dunque, s'insinua dal di fuori nelle anime dei dormienti, n?, in generale, si distacca dai corpi solidi; e io non ho avuto notizia di alcuno che con maggiore autorit? dicesse cose senza senso. Alle anime appartiene il potere e la caratteristica di essere sempre attive e vigilanti, non per un impulso esterno, ma per il proprio movimento straordinariamente veloce. Quando le anime hanno al loro servizio le membra, il corpo, i sensi, vedono, pensano, percepiscono tutto con pi? nitidezza. Quando questi ausilii vengono meno e l'anima rimane sola per il sopore del corpo, rimane da sola in stato di attivit?. Perci? in essa si presentano visioni e azioni, e all'anima sembra di ascoltare molte cose, di dirne molte.
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